Struggente, accorato, terribilmente lucido. L’editoriale di Franesco A.P. Saggese, pubblicato sul blog Uriatinon è la prima riflessione a trecentosessanta gradi all’indomani dell’apocalisse che ha colpito il Gargano. Per aver conferma di quanto essa sia stata annunciata basti leggere questo passo di Manicone, scienziato pugliese che così scriveva alla finedel ‘700, citato nell’editoriale: «Or donde le alluvioni garganiche? Dal disboscamento. Difatti prima che dai monti fossero divelti i boschi, i torrenti che da essi cadevano, frangevano la loro impetuosità contra le selve, e le acque perdevansi per gli erbosi pascoli. Quindi ben difficil cosa era, che potessero danno recare alle sottoposte pianure. Ma smossi i terreni, divelte le selve, e tolti gli obici, che la provida natura posti avea all’impetuosità delle acque, queste scorrendo per soversciati terreni traggon seco nella pianura immense materie, e quindi colle torbide loro devastano non infrequentemente e vigne, e giardini di agrumi, e seminati».
Saggese si chiede cosa resti del Gargano. Cosa resterà del Gargano, tra disboscamenti selvaggi, abusivismo edilizio aggressivo, ma anche la solidarietà delle gente comune meravigliosamente espressa in questi giorni di dolore, il desiderio di non arrendersi.
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